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L’identikit del cameriere moderno

Semplice portapiatti o vettore di energia, filosofia e ospitalità?

Semplice portapiatti o vettore di energia, filosofia e ospitalità di un ristorante? Lavoratore occasionale o professionista curioso e desideroso di scoperta? Chi è oggi il cameriere? E come deve essere?
In passato si è discusso addirittura sul fatto che la parola cameriere potesse essere offensiva: basta questo per capire quanto fosse un lavoro di ripiego, bistrattato, sottovalutato. Era il mestiere del fine settimana, quello che serviva ai giovani per pagarsi la vacanza d’estate e ai più grandi per arrotondare stipendi non sempre bastevoli.
Oggi il mestiere di sala è cambiato ed era ora. Si è finalmente capito che il personale di sala rappresenta il punto focale dell’attività ristorativa e che da esso dipende la buona riuscita del lavoro di tutta la squadra.
Sia nei ristoranti stellati sia in quelli popolari, nelle trattorie di campagna e nei bistrot cittadini, ogni gesto, ogni sguardo, ogni parola tra chi serve e chi è servito condiziona il risultato, economico come organizzativo.
Il cameriere è la punta dell’iceberg, colui che può innalzare e amplificare ciò che di buono – o di meno buono – è stato fatto in cucina o, al contrario, rovinarlo e sminuirlo.
Affinché tutto funzioni, affinché l’ospite si senta compreso, coccolato, rispettato, anticipato e, soprattutto, torni nel nostro ristorante, non basta saper poggiare un piatto sul tavolo. Non basta avere buone gambe e buona volontà – almeno non nella ristorazione contemporanea. Il cameriere deve essere tante cose insieme: un detective di bisogni, per non far mancare nulla a chi sta seduto; uno psicologo, perché deve comprendere il pensiero e le attitudini dell’ospite; deve essere camaleontico, per adattare il suo modus operandi all’atteggiamento del cliente; un commerciante, perché è l’unico che può influenzare le scelte degli ospiti e applicare tecniche di vendita incrociate; un comunicatore coinvolgente, per trasmettere le corde più profonde, più autentiche e più originali della proposta del suo ristorante. Tralasciando l’attenzione all’estetica e la cura personale – ormai, ci si augura, scontate – non è finita qui: c’è l’empatia, cioè la capacità di mettersi nei panni degli altri, che in un blasfemo esercizio di trasposizione in positivo della regola aurea potrebbe essere riassunta con la frase: «tratta il cliente come vorresti essere trattato tu».
Infine, il cameriere deve essere curioso. Credo che sia importante studiare, impegnarsi, aprire la mente e cercare di imparare quotidianamente anche da chi è seduto al tavolo. Solo con l’applicazione e il desiderio di scoperta ci si può arricchire da un punto di vista umano e culturale. In fondo, la sala è fatta solo da persone e il fattore umano è determinante per trasmettere al cliente emozioni fatte di storie, sensazioni e attenzione, che rendono grande un ristorante.

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Responsabile di Sala e Sommelier de "La Trota 1963"