Cibi adulterati: ispezione dei NAS
Nuove regole secondo la Cassazione.
La sentenza della Terza Sezione penale della Cassazione, n. 2576 del 21 gennaio 2019, costituisce un recente riferimento in tema di indagini ispettive dei NAS avendo stabilito alcuni principi guida da tenere presente.
Primo, non è necessaria la firma del ristoratore in calce alle foto scattate dai NAS durante i controlli ispettivi. Le foto possono essere utilizzate nel processo quali fonti di prova, che il giudice potrà valutare poiché, secondo la Cassazione, le foto scattate durante un’ispezione igienico-sanitaria e allegate al verbale di ispezione e di sequestro devono considerarsi «atti irripetibili».
Nel caso specifico si trattava di un panificio al quale era stato contestato di avere impiegato nella preparazione di alimenti «farine di vario tipo insudiciate e invase da parassiti, quali blatte e farfalline della farina».
La Corte aggiunge che non è indispensabile procedere al prelievo di campioni; ovvero, non è sempre necessario qualora risulti evidente lo stato di cattiva conservazione e alterazione: per l’accertamento della condotta di detenzione per la vendita di prodotti alimentari in cattivo stato di conservazione, «non è necessario procedere al prelievo di campioni ove i prodotti alimentari si presentino all’evidenza mal conservati».
Si tratta poi di un reato di pericolo che può essere perseguito anche in assenza di danno. In altre parole, per la configurabilità del reato «non è necessario l’accertamento di un danno alla salute», ma è sufficiente accertare che «le concrete modalità di conservazione siano idonee a determinare il pericolo di un danno o deterioramento dell’alimento. La normativa ha lo scopo di tutela del cosiddetto ordine alimentare, volto ad assicurare che il prodotto giunga al consumo con le garanzie igieniche imposte dalla sua natura».
I verbali ispettivi riproducono «l’attività di constatazione e osservazione effettuata dalla polizia giudiziaria in relazione a fatti e persone in situazioni soggette a mutamento, come tali non più riproducibili, costituiscono atti irripetibili, con la conseguenza che, essendo legittimo il loro inserimento nel fascicolo per il dibattimento, possono essere valutate dal giudice come fonte di prova». Nel caso di reati di alterazione alimentare, infine, la Corte ha escluso che possa applicarsi «la particolare tenuità del fatto».