Nel bacino del Mediterraneo la divinazione esiste da quando esiste l’uomo e a oggi le predizioni non hanno mai convinto per la mancanza di anche solo una minima affidabilità. Al tempo stesso si è sviluppata quell’idea di alimentazione mediterranea che ha visto il cibo sempre accostato al vino. L’unica previsione plausibile è che qualunque sia il futuro del cibo, il vino sarà presente per rinnovare il connubio inscindibile di atavica memoria. La capacità trasformista del vino gli ha permesso di sopravvivere a tutti i cambiamenti, basti pensare alle differenze di quello odierno rispetto ai prodotti dell’epoca greca o romana, del Medioevo o del Rinascimento o ancora di quelli ottocenteschi.
Gli effetti delle tendenze degli ultimi venti anni sono ancora sotto gli occhi di tutti: gli anni Ottanta hanno creato i vini della consapevolezza e della pulizia enologica, mentre gli anni Novanta-Duemila hanno generato vini iper concentrati e arricchiti dall’utilizzo della barrique nuova per esaltare aromi e struttura.
Oggi un tema ricorrente è il territorio, con una impronta rispettosa dell’anima verde. Ma quale sarà il vino di domani? La risposta in parte è già nota: il ritorno al passato sembra essere il comune denominatore, basti pensare alla rivalutazione dei vitigni in via di estinzione che un po’ in tutta la Penisola hanno ritrovato spazi di coltivazione ed estimatori, curiosi di provare sapori non consueti. Il vino naturale – definizione che già di per sé apre un dibattito infinito – è un’altra declinazione del ritorno al passato, sia attraverso i processi di coltivazione sia di pratiche enologiche poco invasive, proprio per far sì che si possa esprimere l’anima più intima del vino, frutto di uno spazio fisico e del rapporto con il produttore che ne interpreta le sfumature. Tutto ciò è percepibile attraverso un approccio degustativo e geo-sensoriale.
Le ipotesi del vino del futuro nascono in parte per far fronte alle problematiche legate ai cambiamenti climatici: lo spostamento delle aree produttive ad altitudini più elevate è una scelta che consente di recuperare un grado di temperatura media adeguato, così come presente a latitudini più a nord. Già oggi il sud dell’Inghilterra conta un certo numero di aziende, in crescita di anno in anno. Un’altra ipotesi in via di sperimentazione è l’utilizzo di nuovi vitigni ottenuti in laboratorio, resistenti alle malattie più diffuse che, quindi, consentono di non ricorrere a trattamenti. Si sta cercando anche di offrire ai produttori varietà che hanno una spiccata adattabilità ai contesti climatici del futuro. Già oggi i vini dealcolizzati – o alcohol-free, come vengono anche definiti – iniziano a essere un’alternativa valida per chi, per scelta o per necessità, non consuma alcol. Il gusto ne risente leggermente, anche se di fatto risulta un limite solo quando si degustano vini con residuo zuccherino. In ultimo è da citare il vino blu, un prodotto spagnolo che colpisce per l’aspetto blu intenso, conservando inalterate tutte le caratteristiche sensoriali. Siamo pronti per vederne di tutti i colori.