Lupi e agnelli
Un piccolo scrittore in erba aveva cercato di sovvertire gli equilibri del mondo, quelli che da sempre governano le cose. Quelli in cui i lupi sbranano gli agnelli, regole naturali, prive di sensibilità. La sensibilità

A metà degli anni ’70, in una Milano assolata e diversa anni luce da quella di oggi, mi apprestavo a sostenere gli esami di quinta elementare. Ero nervosissimo, il primo muretto da scalare nella vita di un bambino che non aveva idea di cosa gli avrebbe riservato il futuro. Il famigerato “tema” era la prova che mi terrorizzava di più: ancora non sapevo che, da quel momento in poi, “scrivere” sarebbe stato il mio pane quotidiano. Il titolo era “Un sogno bizzarro”. Riflettei per qualche istante, non mi venne in mente nessun sogno, né bizzarro, né curioso da raccontare. Quindi, decisi per l’unica opzione che mi sembrò di avere tra le mani, ovvero mi inventai tutto.
Narrai la storia di un agnellino e di un lupetto, che si incontrarono per caso in un prato. E divennero amici. Amici per la pelle. Ogni giorno corse, giochi, divertimento insieme. Scelsero di tenere segreto il loro legame ai rispettivi genitori, almeno fino a quando fu possibile. Quando famelici papà lupi e terrorizzate mamme pecore scoprirono la loro innaturale amicizia, scoppiò il finimondo. Il lupetto e l’agnellino furono costretti a non incontrarsi più. Ma, una notte, fuggirono insieme, facendo perdere le loro tracce. Il finale della mia irreale e onirica fantasia era felice: i genitori di quel lupetto e di quell’agnellino, capirono. E decisero di cambiare la loro natura, di vivere pacificamente tutti assieme. Sinceramente non ho mai capito se, inconsciamente, mi fossi identificato più nel lupo o nell’agnello. Ma ho sempre pensato di essere più affine al secondo, come animo.
Anni dopo, riflettendo su quello scritto che fece scalpore e fu segnalato come miglior tema della scuola, fui certo di due cose. La prima che celebrai a parole la mia prematura uscita dall’incoscienza infantile, con un atto di consapevolezza che la mia verginale innocenza finiva quel giorno. La seconda che mi piaceva scrivere, che sarebbe stato il mio destino. “Ero destinato alla sensibilità, ero destinato a diventare uno scrittore, ero destinato ad essere Jep Gambardella” per citare, con temeraria mancanza di modestia, La grande bellezza di Paolo Sorrentino.
Un piccolo scrittore in erba aveva cercato di sovvertire gli equilibri del mondo, quelli che da sempre governano le cose. Quelli in cui i lupi sbranano gli agnelli, regole naturali, prive di sensibilità. La sensibilità è un bene prezioso e l’agnello è un simbolo, oltre che una materia culinaria.
In questo nuovo numero di Orizzonte leggerete fiumi di citazioni, di aneddoti, di storie. Anche di ricette. Perché, non nascondiamoci, la carne di agnello è straordinariamente buona. Io l’adoro, probabilmente è la mia preferita. Non è mio compito fare la morale, stabilire i limiti oltre i quali la sensibilità si trasforma in cieca emotività incapace di analizzare la verità. Il nostro mondo è prigioniero di lupi e agnelli, di buoni e cattivi, di giusti e ingiusti. Dobbiamo infilarci negli anfratti di questi opposti, vivere con un po’ più di misura e armonia, ricordando che spesso è obbligatorio accettare la realtà. Ma a volte, scordarsene e “sognare” un mondo migliore, ti fa sentire proprio bene.