Panem et circenses
Nutrimento base per eccellenza il pane, da sempre, ha sfamato milioni di persone ed è, forse, l’alimento con la storia più antica, conosciuto e consumato in ogni parte, o quasi, del mondo; nel nostro paese
Nutrimento base per eccellenza il pane, da sempre, ha sfamato milioni di persone ed è, forse, l’alimento con la storia più antica, conosciuto e consumato in ogni parte, o quasi, del mondo; nel nostro paese si stima ne esistano più di 300 varietà.
Tutto iniziò intorno al 12.000 avanti Cristo o forse più, precedendo quindi l’inizio dell’agricoltura di 4.000 anni: la Giordania ospita, infatti, i resti carbonizzati di un’antichissima focaccia cotta al forno. Intorno al 3.000 avanti Cristo gli Egizi ne perfezionano la lievitazione, che prevedeva che l’impasto, lasciato all’aria, venisse cotto il giorno dopo; ne risultò un pane più soffice e fragrante, per loro era fonte di cibo e di ricchezza.
Dall’Egitto l’arte della panificazione passò in Grecia; i greci diventarono in breve ottimi panificatori, per più di 70 qualità differenti e furono i primi a preparare il pane di notte. Un tempo, nelle campagne, ogni famiglia o gruppo di famiglie lo faceva in casa e, nella cucina più antica, si usava il termine cumpanaticum (oggi “companatico”) per indicare ogni preparazione che poteva accompagnarsi al pane.
Più o meno nel 15 avanti Cristo vide la luce la prima panetteria: il primo negozio fu aperto a Roma. Raccontate, almeno per sommi capi, origini e storia si passa ad altro, incrociando e mescolando leggende, verità, vissuti economici e sociali e curiosità.
Gli Ebrei mangiano pane azzimo in occasione della commemorazione dell’esodo dall’Egitto, mentre per i Cristiani rappresenta il corpo di Cristo.
L’equilibrio di ogni società si è mantenuto, per millenni, sui raccolti, e soprattutto sul controllo centralizzato delle farine e sulla loro equa distribuzione tra la gente. Ogni volta che le carestie ne riducevano drasticamente le quantità nascevano rivolte popolari, spesso dall’esito tragico. Non a caso, secondo lo scrittore romano Giovenale, gli imperatori romani tenevano a bada il popolo mettendo in pratica il motto panem et circenses, cibo e divertimenti. Meno attente a questo aspetto, le società medievali registrarono spesso rivolte popolari, la cui scintilla era data dalla carenza di farine o dall’aumento del costo del pane. Ancora in età moderna, tra le tante, non si può dimenticare la rivolta dei milanesi del 1628, descritta da Alessandro Manzoni nell’episodio dell’assalto ai forni ne I Promessi Sposi: fu causata dall’aumento del prezzo delle farine provocato dalla carestia dell’anno precedente.
La stessa Rivoluzione Francese fu motivata anche dalla mancanza di pane. Famosa, ma forse inventata dagli stessi ambienti rivoluzionari, la frase che avrebbe pronunciato la regina Maria Antonietta vedendo davanti al palazzo reale una folla inferocita di parigini che chiedeva pane: “se non hanno pane, dategli delle brioches”.
Infine, ancora nella seconda metà dell’Ottocento, in Italia fu molto odiata la cosiddetta tassa sul macinato, introdotta nel 1868 dal Ministro delle Finanze Quintino Sella, poco dopo l’Unità d’Italia per far fronte alle immani spese del giovane governo italiano. E, poi, la “battaglia del grano” negli anni Venti: una delle tipiche immagini di cui amava fregiarsi il Duce lo rappresentava intento a falciare le spighe nei campi, a torso nudo e con il cappello di paglia in testa.
Il secondo conflitto mondiale, di poco successivo, segnò poi l’introduzione della Tessera del Pane: distribuita dagli Uffici Annonari definiva la quantità di merci e di generi alimentari razionati (pane, farina, olio e sale) acquistabili in un determinato lasso di tempo. Le dosi erano definite e uguali per tutti: la razione giornaliera di pane per persona era stata definita nel 1941 in 200 grammi e nel 1942 in 150 grammi.
Anche le arti, e non poteva essere diversamente, celebrano il pane: a Borore, in Sardegna, è ospitato il Museo del Pane Rituale, così come uno dei più famosi si trova in Germania, a Ulm.
Alcune curiosità? In Canada si benedice sempre il pane prima di infornarlo. Gli ebrei prima di cuocerlo gettano una pallina di impasto nel forno per offrire il primo pezzo a Dio. In Russia è un dono e un augurio. In Polonia le spose donano agli invitati delle bambole di pane con all’interno una moneta. In Calabria si modellano a mano piccoli pani “panpepati” a forma di oggettini per pellegrinaggi o ex voto, ma anche piccole figure del presepe.
In diverse regioni italiane per Pasqua si prepara il campanaccio, o traccia, al cui interno viene posto un uovo sodo in segno di fertilità.
Il pane non va mai posto a rovescio sulla tavola: è un segno di maleducazione e legato alla sfortuna.
Secondo la legge ebraica va spezzato e non tagliato; il taglio, infatti, è visto come un gesto di violenza. Nell’antica Grecia era usuale dipingere sui forni spaventosi volti di demoni per spaventare chiunque volesse aprire il forno durante la cottura.
Se la pittura lo celebra attraverso le opere, tra gli altri, di Cézanne, Dalí, Giotto, Ghirlandaio, Caravaggio, Carracci, Picasso, Botero, Lichtenstein, Magritte, Leonardo da Vinci, altrettante sono le citazioni nella letteratura (Emily Dickinson, Ardengo Soffici, Gianni Rodari, Giovanni Verga, Leonardo Sciascia, Ignazio Silone, Thomas Mann, Grazia Deledda, Maurizio De Giovanni e, ben prima, Epicuro, Virgilio, Tacito e Dante), senza dimenticare la musica, per note e testi di Baglioni, De Andrè, Fossati, alcune canzoni dello Zecchino d’Oro e nell’opera Suor Angelica di Puccini, solo per citarne alcune.
Poi, proverbi e detti: pan di signore pane di dolore, ogni pane ha la sua crosta, pane al pane vino al vino, il pane del povero è sempre duro, buono come il pane, non si vive di solo pane: E ancora non è pane per i tuoi denti, rendere pan per focaccia, mettere a pane e acqua, chi ha i denti non ha il pane e chi ha il pane non ha i denti, levarsi il pane di bocca, mangiare pane a tradimento, se non è zuppa è pan bagnato, chi mangia fa molliche… A chiudere, se sognare di mangiare pane simboleggia gli obiettivi raggiunti, impastarlo rappresenta invece l’impegno nel cercare di raggiungerli.