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L’altra faccia del pistacchio

Cosa c'entrano le sorelle Brontë col pistacchio di Bronte?

NON SOLO SEMI

I semi del pistacchio sono senza dubbio una prelibatezza da re, ma, specie tra i contadini, si utilizzavano anche altre parti della pianta. Si pensi alle bucce: se nell’antica Persia gli amanti erano soliti incontrarsi sotto gli alberi di pistacchio per ascoltare il crepitio dei frutti che si schiudevano alla luce della luna, i contadini di Bronte con quelle stesse bucce, ancora morbide, creavano dei leccalecca per favorire la digestione. Cuocendo infatti la cosiddetta grolla con lo zucchero, si ottenevano i saccaruri, medicamento ma anche delizia per il palato.
Dalla corteccia, d’altro canto, si ricavava un aromatico infuso, mentre la resina veniva prelevata per essere utilizzata come cura per l’ernia inguinale. L’oscillazione tra medicina e droga era in voga anche tra Greci e Assiri che, con un decotto ricavato dalle bucce, curavano i morsi degli animali.
Invece la farina di pistacchio, prodotto molto richiesto, era utilizzata già da Pellegrino Artusi, che l’aggiungeva al gelato per donargli tonalità intense. Secondo Federico de Roberto (autore de I Viceré), i monaci conventuali di San Nicola usavano il pistacchio come comfort food, e avevano creato delle pietanze dal sapore patriottico come il rotolo di carne alla garibaldina e gli involtini alla ducea, dedicati al duca di Bronte Horatio Nelson.
Diffuso oggi più che in passato per la scarsa resa e il costo elevato, è da menzionare anche l’olio, molto ricercato per donare aroma e sapore a salse e pesce crudo, ma anche dare una marcia in più a creazioni dolci dal sapore unico e particolare.

 


TRA PRESTIGIO E LETTERATURA

Nel 1799, il re Ferdinando IV di Borbone ringrazia Horatio Nelson per averlo aiutato a salvare il Regno delle Due Sicilie concedendogli il titolo di Duca di Bronte e donandogli il complesso di Santa Maria Maniace.
L’ammirazione in patria per il generale inglese era tale che, dall’altra parte del Canale della Manica, Patrick Bronty decide di sfruttare l’assonanza tra il proprio cognome e la denominazione della città siciliana per onorare Nelson, e cambia il suo cognome in Brontë, aggiungendo quella dieresi sulla e per evitare storpiature nella pronuncia e restare fedele al nome italiano della città al centro della Ducea Nelson.
Il prete anglicano Patrick Bronty, divenuto appunto Brontë, altri non è che il padre di tre grandi scrittrici dell’epoca vittoriana conosciute come le Sorelle Brontë: Charlotte (autrice di Jane Eyre), Emily (Cime Tempestose) e Anne (Agnes Grey).

Giornalista per per Corebook - L'arte di comunicare, Dottoressa in Lettere Moderne e in Informazione, Editoria e Giornalismo