Luigi Vivarelli (Gianni Morandi), regista televisivo e donnaiolo impenitente, durante una delle sue trasmissioni conosce la studentessa Carla Lotito (Stefania Casini) e se ne invaghisce, iniziando un serrato corteggiamento. Tra i due nasce così una relazione sentimentale che però non sarà sempre idilliaca visti i differenti modi di pensare: lui è un uomo cinico, disilluso nei confronti del prossimo e poco incline ad accettare una relazione stabile, mentre lei è una cattolica che crede nei veri valori, nella bontà d’animo delle persone e nella semplicità. Gli racconta infatti di suo padre, ormai defunto, che le diceva che «le castagne sono buone», ovvero le faceva notare la bellezza delle cose semplici.
È proprio questa frase che dà il titolo al film di Pietro Germi, uscito nel 1970 e considerato, almeno dai critici, il suo film più brutto. E come dar loro torto? La pellicola non brilla né nel ritrarre la storia d’amore dei protagonisti, troppo scialba (Morandi non canta neanche una delle sue canzonette) né come apologo sociale, troppo semplicistico e superficiale.
Inutile dire che il regista, nella sua carriera, abbia fatto decisamente di meglio, ma il titolo ci offre se non altro l’occasione per ricordarlo. Già, perché Germi, insieme a Ferreri, Maselli, Pietrangeli e altri – e a differenza di alcuni giganti della settima arte tuttora celebrati come Fellini, De Sica e Pasolini – è uno dei registi ingiustamente dimenticati del nostro cinema.
Eppure molti suoi film sono dei capolavori: Divorzio all’italiana (1961) e Signore e signori (1966), per esempio, sono due delle migliori commedie all’italiana di tutti i tempi (la definizione commedia all’italiana deriva proprio dal titolo del primo film).
Il cammino della speranza (1950) e Il Ferroviere (1956), dove Germi recita anche la parte del protagonista, sono due dei più bei film neorealisti mai girati e ci offrono un preciso spaccato della società dell’epoca.
Non solo: Serafino (1968) fu il primo grande successo commerciale con protagonista Adriano Celentano, e Germi, con questa pellicola, fu tra i più bravi a valorizzare le sue doti di attore comico.
Un altro capolavoro è il noir Un maledetto imbroglio, dove non fu solo attore e regista ma anche sceneggiatore: vinse un Oscar proprio per la miglior sceneggiatura originale e forse non tutti sanno che erano in gran parte suoi il soggetto e la sceneggiatura del film Amici Miei, che avrebbe dovuto anche dirigere ma che poi passò a Monicelli dopo la sua prematura scomparsa.
Insomma fu un vero maestro, capace di passare con disinvoltura da un genere all’altro lasciando (quasi) sempre il segno.