Così lontano, così vicino
È uno dei prodotti più tradizionali della cucina italiana, lo trovi ovunque, al mercato, nei menù dei ristoranti, a casa. Ho un ricordo vivido, come penso chiunque del mio evo di età: da bambino ho
È uno dei prodotti più tradizionali della cucina italiana, lo trovi ovunque, al mercato, nei menù dei ristoranti, a casa. Ho un ricordo vivido, come penso chiunque del mio evo di età: da bambino ho stampato nella mente l’immagine di mia madre che riponeva un grosso pezzo di pesce duro e secco, in una bacinella nel lavello con un filo d’acqua a scorrere per due o tre giorni. Di solito lo faceva il martedì. Il baccalà lo mangiavamo il giovedì. Lo cucinava in padella, con pomodoro, olive nere, aglio e prezzemolo.
Mi piaceva da morire, adoravo fare la scarpetta in quel sugo intenso, che non sapeva né di mare né di terra, sapeva di baccalà. Quando poi mi sono trasferito in Umbria ricordo i primi giorni di Università, emozionato e ansioso. Conclusa la mattinata di lezioni, uscivamo da quelle aule piene di fumo e confusione sempre un po’ frastornati. Due passi per Perugia e un pranzo veloce per riprenderci. Con i miei compagni andavamo spesso in un bugigattolo il cui odore lo sentivi da 500 metri: ed ecco quell’indimenticabile Baccalà fritto, colonna portante della gastronomia perugina. Una meraviglia, la pastella croccante e unta, il cuore morbido e dolce del baccalà.
Potrei continuare per ore, raccontando altri mille aneddoti, come il mio primo Baccalà all’anconetana, o con i ceci a Roma. Mille citazioni che certificano una cosa sola: il baccalà è casa. Per chiunque.
E pensare che se non fosse stato per il buon Querini (ampiamente citato in ogni articolo di questo numero), tanta grazia culinaria non l’avremmo probabilmente mai avuta. Nuota a quasi 3.000 chilometri dalle nostre case quel prelibato Merluzzo, viene pescato, viene lavorato per cristallizzare la sua bontà, per arrivare infine da noi. Da sempre direi. Il prodotto meno tipico che possa esistere è diventato il prodotto più tipico che esista in centro e in tutta Italia. Potenza della globalizzazione, ma non quella perversa e tecnologica di oggi, quella buona e golosa di quasi 600 anni fa.