Fantozzi, Alberto Sordi e la polenta
Due film che hanno combiato la memoria collettiva
Esiste un connubio più improbabile di quello tra cinema e polenta? Eppure l’argomento di questo numero ci offre l’opportunità di parlare di due capolavori del cinema italiano, inseriti entrambi nella lista dei 100 film italiani da salvare, redatta nel 2008 da alcuni importanti critici cinematografici e contenente le pellicole che hanno cambiato la memoria collettiva del Paese tra il 1942 e il 1978.
Il primo film è Tutti a casa, uscito nel 1960. Diretto da Luigi Comencini e con un memorabile Alberto Sordi, è la storia del sottotenente Alberto Innocenzi che si ritrova, nel 1943, a combattere inaspettatamente contro i tedeschi dopo l’armistizio proclamato dal generale Badoglio. Inizialmente ligio al dover militare, Innocenzi non accetta che il suo battaglione abbandoni l’uniforme per tornarsene a casa ma poi, visto il corso degli eventi, getta la spugna e aderisce al comune intento.
Dopo aver affrontato mille avversità – dal tradimento degli ex sottoposti al fuoco dei tedeschi – dovrà decidere se agire da vigliacco e fingersi un civile per sfuggire al nemico o combattere con la Resistenza e cercare di salvare la vita di un amico.
Rivisto per l’occasione, il film non dimostra di avere più di 60 anni ed è importante anche perché ci regala un preciso affresco dell’epoca (dopotutto erano passati meno di 20 anni dagli eventi narrati): un capolavoro da vedere e rivedere. La tragicomica scena della polenta con le salsicce si svolge in un casolare, dove il protagonista e altri affamati commensali si litigano, appunto, le salsicce.
Il secondo film del dittico è Fantozzi, classe 1975, pellicola altrettanto importante ed emblematica nel rappresentare, sebbene in chiave grottesca, l’Italia proletaria degli anni Settanta.
Anche se il genere è comico, le cose nel mondo impiegatizio dell’epoca, al netto di alcune esagerazioni, funzionavano più o meno proprio come vengono raccontate nel film (non per niente Paolo Villaggio prima di fare il comico fu a lungo dipendente dell’Italsider e conosceva la materia).
Lo sfortunato ragioniere, come tutti sanno, si mostra deferente (ma non troppo) coi superiori, ed è circondato da colleghi senza scrupoli che venderebbero l’anima per una promozione.
La scena che ci interessa è ormai di culto: Fantozzi, invitato a cena insieme a ricconi e aristocratici vari nella sontuosa residenza della mitica contessa Serbelloni-Mazzanti-Viendalmare, viene perseguitato da un cameriere che finisce per farlo cadere nel pentolone della polenta; quando la pietanza viene servita e gli invitati si accorgono, schifati, dell’insolito ingrediente umano, lui si giustifica con un innocente «L’ho fatto per fare uno scherzo» suscitando l’ilarità di tutti e salvando, per una volta, la faccia.