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Quel quid che dona una marcia in più

La presenza dei pinoli nella storia e nei dolci

Amatissimi in tutte le epoche e in tutte le preparazioni – sia salate sia dolci – i pinoli erano parte della farcia del romano porcus troianus, un maialino arrostito e farcito sottopelle con un misto di pepe, alloro, garum, vin cotto e olio e, nella cavità dello stomaco, con cervella cotte, uova crude, uccelletti e pinoli, dal sapore resinoso e corposo.
Nel Medioevo li ritroviamo in quel maritozzo destinato ai braccianti assieme a uvetta e canditi, che lo resero un vero e proprio dolce d’emergenza da mangiare durante la Quaresima. Da qui il nome di quaresimale o di santo maritozzo.
Dal 1300 al 1600 è documentata una certa torta parmesana che, considerata come il momento culminante del banchetto, riuniva carne di cappone, formaggio fresco, spezie dolci e forti, mandorle, datteri, uva passa, pinoli, zucchero e acqua di rose. Sempre nei banchetti medievali e rinascimentali, specie in Toscana, era diffuso il dolceforte, una salsa per cacciagione ricavata dal panforte o cavallucci tritati, cioccolata fusa nel burro, uvetta, aceto e pinoli e noci tritati.
La stessa salsa si ritrova, qualche secolo dopo, nelle ricette del baccalà dolce-forte e del cignale dolce-forte di Pellegrino Artusi, che propone una nutrita serie di preparazioni insaporite dai pinoli. Anzi, in particolare il famoso cuoco ottocentesco propone il gettonatissimo binomio pinoli e uvetta, accostamento molto usato ancora oggi in preparazioni tradizionali. Basti pensare a primi piatti come la siciliana pasta con le sarde, con finocchietto e zafferano, o alle pappardelle napoletane ripiene con tonno o alici salate, olive, mollica di pane, pomodoro e piennolo e capperi. Sempre a Napoli, l’antico ragù era come “scisso”, in quanto il sugo veniva utilizzato per la pasta, mentre la carne come secondo; e proprio quella carne, tagliata a mo’ di grossa bistecca era insaporita con un misto di pinoli, uvetta, formaggio, salame, cardo, noce moscata e prezzemolo. Il felice accostamento pinoli-uvetta si ritrova anche nel baccalà alla cappuccina – diffuso nel nord-est d’Italia – dove però è unito a cacao e pangrattato; nel saor, tipica preparazione veneta che, assieme alla cipolla e alle spezie, va a insaporire numerose pietanze sia di carne sia di pesce; nel cacciatorino, un insaccato diffuso nella zona di Macerata e nell’evoluzione popolare della caponata, che vede la carne e il pesce sostituiti dalle melanzane, carciofi, aceto, zucchero, capperi, olive e sedano, documentata già nel XVI secolo da Domenico Romoli detto il Panunto nella sua Singolar Dottrina.
E come non pensare, infine, ai numerosi dolci che arricchiscono le nostre tavole? C’è naturalmente lo strüdel, fatto però con i pinoli del pino cembro, che inverdisce tutto il Tirolo; c’è lo zelten, morbida torta del Sudtirol; c’è la gubana friulana, un serpentone ripieno di noci, scorza di limone e liquore che viene servito nel periodo pasquale; c’è il castagnaccio, espressione dei profumi dell’autunno; oppure il pane dolce o pane del marinaio, servito per il pranzo di Natale nella zona di Genova. Secondo la tradizione, è il più giovane a portarlo in tavola guarnito con un rametto di olivo e uno di alloro, mentre il taglio spetta al più anziano della famiglia, che darà la prima fetta alla madre e poi a tutti gli altri. Una parte sarà conservata per un indigente, mentre un’altra, avvolta in un tovagliolo, arriverà fino al 3 febbraio, festa di San Biagio, quando verrà divisa tra tutti i familiari come augurio di buona salute.
Proprio durante le Feste il pinolo, seme regale, arricchisce numerose ricette col suo sapore unico: largo ai pampepati, diffusi a Terni, in Umbria, come nella provincia di Ferrara; largo alle deliziose pinoccate perugine, alla rocciata di Assisi, ai birbanti di Todi, agli gnocchi dolci di Spoleto e al torciglione del Trasimeno, pensando all’anno che finisce e a quello che inizia, circondati dagli affetti e pervasi dal gusto inconfondibile di quei dolci di una volta che sanno di casa.

Giornalista per per Corebook - L'arte di comunicare, Dottoressa in Lettere Moderne e in Informazione, Editoria e Giornalismo