Ma il garum migliore, che è chiamato haimation, si fa così: gli intestini del tonno, con le branchie, il sangue e altri fluidi si mettono in un vaso, cosparsi di sufficiente sale; si lasciano nel vaso per almeno due mesi e quando si fora il vaso ne esce il garum chiamato haimation.
(dalle Geoponiche)
Il tonno era un’importante risorsa alimentare nel Mediterraneo antico, sia fresco sia conservato. Ridotto in tranci, anche in piccoli pezzi chiamati cubi, circolava in appositi contenitori previa salatura che produceva la muries, una saporita salamoia molto simile alla colatura di alici ancora oggi usata. Ma l’altro modo di trasformare e conservare il pesce nel mondo antico era la fermentazione innescata dalla macerazione sotto sale di interi pesciolini non eviscerati o di tranci di grossi pesci, mescolati a sangue e viscere. La fermentazione era infatti dovuta proprio agli enzimi presenti nelle interiora e il composto si disgregava lentamente, maturando per mesi prima di essere separato dalle parti solide e ossee non completamente disciolte. Queste salse fermentate di pesce, note come garum e liquamen, sono state per secoli parte integrante della dieta mediterranea, nel senso che i popoli gravitanti intorno al nostro mare le hanno ampiamente usate come condimento o come ingrediente in cucina.
Sappiamo che quello di sgombro, puro o in miscela con altri pesci, è stato a lungo il garum più diffuso, ma in età imperiale romana sembra gradualmente essere stato soppiantato dal tonno.
In un contesto di abbondanza di conserve di tonno, si fa largo un prodotto che attira l’attenzione delle classi più ricche, sempre in cerca di cibi costosi e esclusivi. Si tratta del garum haimation, cioè di sangue, ricordato nelle Geoponiche, un’opera in greco che contiene anche diverse ricette di età romana. Sappiamo dunque dalle fonti scritte dell’esistenza di questo garum di sangue di tonno, altrimenti sconosciuto archeologicamente.
Sulla costa giordana del Mar Rosso, lontano dalle acque del Mediterraneo, nell’antica città di Aila – l’odierna Aqaba – è stato trovato un vaso con resti della testa e delle viscere di un tonno. Siamo nel I secolo d.C., all’epoca in cui la regione dei Nabatei era passata sotto il controllo di Roma. Gli archeologi hanno giustamente pensato al passo delle Geoponiche e ipotizzato che questo straordinario reperto sia la prova materiale, unica sinora, proprio del costoso garum haimation. La povertà del contesto, un’umile abitazione con pavimento in terra battuta, non lascia certo ipotizzare ricchi proprietari, ma occorre ricordare che non tutto ciò che veniva pescato e trasformato diventava merce, più o meno costosa. Una modesta quantità di pesce, compresi gli scarti di lavorazione di un tonno, poteva essere facilmente gettata in un contenitore con del sale, lasciata fermentare al sole e poi utilizzata come qualsiasi conserva fatta in casa. Bisognava conoscere le basilari regole di confezionamento, avere una giusta dose di sale… e armarsi di pazienza per avere un eccellente condimento dall’altissimo valore nutritivo (ricco di proteine e di omega 3, oggi diremmo).
Non si saprà mai se il garum di Aila sia stato fatto da un indigeno o da un immigrato, ma ci piace immaginare che, anche sulle rive di quel mare straniero, bastarono a un legionario romano poche gocce di quel prezioso liquido contenente l’intima essenza di un tonno per trasformare un semplice pezzo di pane in un’ambita delizia del palato, dall’inconfondibile sapore di casa.