Rispetto, a tavola e nella quotidianità
Piccoli consigli per evitare errori, non solo quando si mangia
Non è così banale come sembra parlare di buona educazione. Un mondo di regole tramandate attraverso gli esempi familiari o la scuola, che servono per stare insieme nel rispetto degli altri e senza creare imbarazzo. Ma è importante il concetto che è alla base della parola educazione: rispetto e dignità, umiltà e voglia di migliorare, compostezza e riflessione, attenzione agli altri.
La società di oggi ci mette alla prova con situazioni nuove e inaspettate, in una continua evoluzione del saper stare insieme. Ma spesso l’arroganza prende il sopravvento, mentre l’arte di saper tacere e osservare è considerata quasi superata.
Recuperiamo quella parte di noi più semplice, più basica e senza troppe sovrastrutture, che in fondo può essere riassunta nella parola rispetto, il riconoscimento di una superiorità morale o sociale manifestato attraverso il proprio comportamento o atteggiamento. Il rispetto verso sé stessi e verso gli altri, a cominciare dai piccoli gesti quotidiani.
La tavola – anche se diamo tanta importanza all’apparecchiatura giusta – è l’esempio più eclatante di quanto poco mettiamo in pratica un corretto uso delle buone maniere: il cellulare sempre acceso, la voce spesso troppo alta nei toni, le forchette che si infilano nei piatti degli altri, il poco rispetto per chi dovrebbe essere il primo a servirsi, i bambini mal educati a sopportare un pranzo di adulti o la televisione sempre accesa…
Tanti piccoli errori che nell’insieme creano esempi che si consolidano nell’uso quotidiano e che dobbiamo combattere nel nostro primo nucleo importante e fondamentale nella vita: la famiglia.
E la volgarità – che impera insieme all’ostentazione e che è sempre più presente anche in televisione – è un altro grande nemico della buona educazione. Riflettere attentamente sul vero valore dei gesti e delle parole, guardare dentro di noi e imparare dagli altri, da chi è un buon cittadino, da chi lavora e non ambisce solo a vacanze, ma a sopravvivere con dignità.
Basta agli sprechi, che siano di cibo ma anche di tutto il resto. È bene curare per quel poco o tanto che si ha e affrontare ogni giorno con la certezza che comportarsi bene fa bene in primo luogo a noi e poi a chi abbiamo accanto. Fondamentale è rispettare il lavoro degli altri: anche il più umile serve alla nostra società perché cresca e vada avanti.
Di fronte a chef stellati con piatti meravigliosi – sogno di tanti – mettiamo nella nostra tavola i prodotti più veri. A tavola, più di ogni altro contesto, vengono favoriti lo scambio e il confronto affettivo e intellettuale; e i pasti, se preparati con cura e amore, contribuiscono a creare un’atmosfera di calore e benessere. D’altra parte il momento del pasto rappresenta anche un importante indice dello stato di salute psico-emotivo del nucleo familiare e un vero e proprio specchio dei rapporti fra i vari membri, anche attraverso l’osservazione di come essi si dispongono a tavola e di come interagiscono fra di loro. Per questo è importante lo stare insieme a tavola. È il termometro della salute di una famiglia. Recuperiamo almeno una volta al giorno questo rito antico, per ritrovarci.
Queste mie riflessioni mi inducono a considerare superato il termine bon ton nel suo significato più classico. Ovunque si insegna a fare o dire le cose giuste, a salutare nel modo più consono, ad abbigliarsi secondo le occasioni e a dare i posti a tavola e siamo tutti bravi a seguire questi manuali al bisogno. Eppure, secondo me, il vero valore di una persona educata è comportarsi come dicevano i latini: alterum non laedere, honeste vivere, suum cuique tribuere (vivere onestamente, non recare danno ad altri, attribuire a ciascuno il suo).