La fotografia del silenzio
Ambizione di molti fotografi. Ma come si fa?
Fotografare il silenzio è stata ed è un’ambizione di tanti grandi fotografi. Paesaggisti, soprattutto, ma anche ritrattisti: «Il silenzio interiore di una vittima consenziente» è infatti la definizione di ritratto che ci propone Henri Cartier-Bresson.
Pare però che per molti la fotografia abbia a che fare col silenzio semplicemente perché non ha l’audio. Allora verrebbe da chiedersi se possediamo realmente la percezione del silenzio.
Sappiamo esattamente che forma ha, o concediamo al silenzio una dimensione concreta solo nel momento in cui a esso prestiamo attenzione?
Mi sono interrogato, ultimamente, sulle potenzialità del silenzio e sulle sue dinamiche, cercando di interpretarlo come un dono prezioso che ci viene concesso sotto forma di pausa, di stacco anche solo momentaneo dalle dinamiche caotiche della realtà. Ma il silenzio può essere percepito anche come un luogo intimo e protetto nel quale possiamo concedere spazio alle nostre riflessioni e dove le emozioni possono prendere forma. Proprio perché ha questa connotazione profonda e privata, il silenzio è il luogo prediletto per celare ciò che si ha paura di dire, o che si cerca di proteggere.
Dietro a un silenzio si nascondono segreti, eventi, fallimenti e perdite. Nel silenzio esiste una muta invisibilità. E se la verità delle cose e dei sentimenti viene nascosta, immersa nel silenzio, allora ciò che è visibile, raccontato o urlato non è altro che finzione.
Ma il silenzio ci può apparire anche per contrasto, come qualcosa di non controllabile, infinito e misterioso. Il bloccarsi davanti a un evento, il rallentare il proprio ritmo, il dissolversi del rumore; qualcosa di sospeso, qualcosa per cui non è possibile concepire spazio e tempo. Il silenzio può essere il luogo della scoperta, ma anche quello della negazione.
È l’oblio del tempo che porta al silenzio e crea una perdita, ma questa perdita attraverso le immagini (e la fotografia) può essere colmata. Le immagini mute, per loro stessa natura, permettono in realtà di dare voce a un passato che ci viene negato perché i testimoni di ciò che è stato non hanno più voce. Il silenzio inghiotte tutto. Dal silenzio possono riemergere storie e racconti persi, ma ripensati e raccontati nuovamente.
Se il silenzio ci permette di concentrarci, riflettere, creare, immaginare e sognare: allora è davvero uno strumento fondamentale per chi, come i fotografi, ha il grande privilegio di poter osservare il mondo con uno sguardo differente. Ma nel mondo dell’infinito, come nelle fotografie, il silenzio diventa spesso assordante.
Foto di Federico Minelli