Licenziamento o trasferimento per incompatibilità ambientale
La Corte di Cassazione è intervenuta con una sentenza
L’incompatibilità ambientale è quella situazione di comprovata difficoltà di rapporti per un lavoratore con altri lavoratori (colleghi o superiori gerarchici) o in relazione all’ambiente di lavoro, tale da generare disorganizzazione e/o disfunzione all’interno di una azienda.
In tal caso è possibile ricorrere al licenziamento? Si tratta di un’ipotesi che prescinde dalla colpa del lavoratore, nel senso che si verifica anche in presenza di situazioni oggettive indipendenti dal soggetto che subisce il licenziamento.
Il licenziamento per incompatibilità ambientale è, per giustificato motivo, oggettivo, ossia è un licenziamento dovuto a ragioni inerenti all’attività produttiva, l’organizzazione del lavoro e il regolare funzionamento dell’attività produttiva stessa. Comporta l’obbligo di provare la veridicità dell’incompatibilità ambientale che si è creata, nonché il rispetto dell’obbligo di repechage (in pratica ripescare il lavoratore facendogli svolgere mansioni diverse da quelle per le quali è stato precedentemente adibito). Sul punto è intervenuta una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. Cassazione Civile del 24/10/2019 n. 27345), la quale afferma la piena legittimità del trasferimento per incompatibilità ambientale quale misura idonea a evitare un licenziamento per detto motivo, rispettando pertanto l’obbligo di repechage (ovviamente dando prova valida dello stato di disorganizzazione e disfunzione che si era venuta a creare nell’unità produttiva di provenienza del lavoratore).
Solo in assenza di soluzioni valide che siano idonee a rimuovere l’incompatibilità ambientale, allora sarà legittimo il licenziamento.
Possiamo, dunque, così riassumere le condizioni che devono esistere per la validità di un licenziamento per incompatibilità ambientale:
- presenza di un’incompatibilità del lavoratore, nei confronti di colleghi o nei confronti dell’intero ambiente lavorativo;
- l’incompatibilità di cui sopra deve dar luogo a una disfunzione organizzativa dell’unità produttiva/ufficio. Ad esempio, non ci si parla tra colleghi e ciò crea dei forti problemi organizzativi; oppure il lavoratore non è adatto all’ambiente lavorativo (un esempio potrebbe essere la presenza di una relazione sentimentale in azienda tra colleghi che comporti ripercussioni sull’attività aziendale) e non è pertanto possibile la prosecuzione del rapporto di lavoro;
- prova del rispetto dell’obbligo di repechage;
- motivazione che provi in modo chiaro e strutturato l’incompatibilità che si è venuta a creare.
L’assenza di anche solo uno di questi requisiti dà luogo all’invalidità del licenziamento, il quale sarà pertanto impugnabile, con tutte le conseguenze giuridiche corrispondenti, a seconda del tipo di tutele applicabili (articolo 18, e dunque possibilità di reintegro con corresponsione delle mensilità perse, o jobs act, quindi lavoratori con tutele crescenti e dunque con una mera tutela indennitaria).