fbpx

RIVISTA IN PDF    |    INSERTI

Home / Storie  / Alle origini dello zucchero d’occidente, la Sicilia e il rum di cannamela

Alle origini dello zucchero d’occidente, la Sicilia e il rum di cannamela

La storia del rum e della sua produzione

Il rum si fa con la canna da zucchero, lo sappiamo tutti. Ma che la canna da zucchero, che oggi viene spremuta nelle aree tropicali e subtropicali del Nuovo Mondo, non era presente prima di Colombo non tutti lo sanno. Lo zucchero di canna è infatti un’invenzione del Vecchio Mondo nota fin dall’antichità, così come era nota la possibilità di ricavarne, oltre al dolcificante, anche una bevanda fermentata, un vino di canna. Ma, non diversamente dal vino d’uva, anche quello di canna si produceva nelle zone di coltivazione, in origine la fascia tropicale e subtropicale delle Indie. Il vero obiettivo della coltivazione della canna era tuttavia lo zucchero, merce facilmente conservabile e trasportabile, e non la bevanda che era un prodotto secondario della fabbricazione (dato dalla fermentazione degli scarti di spremitura) e scarsamente serbevole. Non sembra sia mai esistito un mercato internazionale del vino di canna, come invece è stato per il vino d’uva, merce che ha da sempre navigato in lungo e in largo. Come del resto lo zucchero, che dalle terre di produzione era esportato in tutto l’Occidente sin da epoca remota ma a prezzi molto alti: più una merce da speziali che da grossisti di alimenti. La svolta si deve agli Arabi che introdussero la coltivazione della canna nei territori da loro sottomessi della Spagna meridionale e della Sicilia tra VIII e IX secolo. Non si trattò di un’innovazione da nulla. Non fu sufficiente infatti portare le nuove piante, ma anche le tecniche di coltivazione, propagazione, irrigazione e, soprattutto, di estrazione del succo e trattamento per ricavarne lo zucchero. Con la cacciata degli Arabi la storia dello zucchero siciliano pare interrompersi, ma la strada della canna da Oriente a Occidente era ormai segnata. Spagnoli e portoghesi esportarono la nuova pianta prima nelle loro isole atlantiche e poi nelle colonie del Nuovo Mondo. Climi e terre più favorevoli e il ricorso agli schiavi africani inondarono di zucchero i mercati europei, sotto il controllo delle marinerie atlantiche che sfruttavano le immense ricchezze delle Americhe. In questa storia, che si intreccia con quella delle bevande coloniali (caffè, tè e cioccolata), si inserisce l’invenzione del rum, prodotto della distillazione degli alcolici vini di canna da sempre noti. Ma questa è storia ancora più recente della migrazione della canna dal Mediterraneo all’America.
Ci piace invece tornare indietro, nella Sicilia del XIII secolo. Qui, dopo la breve esperienza araba, Normanni e Svevi e poi i regnanti successivi cercarono di rivitalizzare la coltivazione della canna e la produzione dello zucchero. In pochi decenni, la Sicilia ne divenne la più grande produttrice del Mediterraneo, con decine di trappeti, cioè di molini per macinare le canne. Il trapetum era l’impianto oleario degli antichi Romani, con mole ruotanti azionate spesso da forza idrica; in fondo la canna veniva trattata nello stesso modo e forse anche negli stessi impianti originariamente destinati a schiacciare e spremere le olive. Fu, questo degli zuccherifici siciliani, uno sforzo imprenditoriale di tutto rispetto, sostenuto dalle classi dirigenti locali disposte a rischiare ingenti somme per impianti costosi, che entravano in produzione alcuni anni dopo la creazione dei canneti. Notiamo a margine che proprio questa sorta di industrializzazione zuccherina spiega alcuni aspetti della grande tradizione dolciaria dell’isola, a partire dalle conserve di arance amare (allora le sole conosciute) frutto anch’esso introdotto dagli Arabi. Ma la concorrenza dello zucchero americano segnò la fine di quella luminosa impresa siciliana, che nella seconda metà del Seicento di fatto uscì da quella scena che aveva dominato per tutto il 1400-1500. Per questo ci piace segnalare, nel mondiale panorama dei blasonati distillati americani, che oggi si è ripresa, ad Avola, quella pionieristica e gloriosa tradizione siciliana, con la reintroduzione della canna da zucchero per una locale produzione di rum agricolo; che anche qui, diverse generazioni fa, era divenuto naturale corollario della coltivazione della canna del miele, meglio nota come cannamela.

Docente del Corso di Laurea Ecocal dell'Università degli Studi di Perugia