Lo chef Igles Corelli da sempre è legato alla selvaggina delle valli di Argenta, in provincia di Ferrara, dove è nato. In uno dei suoi libri – La Caccia di Igles e dei suoi amici, edito da Michele Milani – porta il lettore in un tour per l’Italia a scoprire come questo prodotto trova posto nelle cucine di venticinque cuochi stellati, che raccontano come portarlo a tavola al meglio.
«La selvaggina è da sempre la carne di riferimento della mia cucina e ricopre un ruolo importante nella mia vita e in quella delle persone a me vicine. Mio nonno aveva una barchetta rossa e di straforo si avventurava per le valli della bassa a pesca di anguille e a caccia di lepri e fagiani, che mia nonna puliva e trasformava in intingoli da servire con la polenta. Poi al Trigabolo ho incontrato il più grande oste italiano, Giacinto Rossetti. È grazie a lui che ho preso seriamente il mestiere di cuoco ed è sempre lui il cacciatore che mi ha trasmesso la conoscenza, la passione e il rispetto per la selvaggina» spiega lo chef Corelli.
La sua carriera inizia negli anni Ottanta proprio nelle cucine del ristorante il Trigabolo di Argenta, dove s’ispira a Nino Bergese e a Gualtiero Marchesi. Nei quattordici anni a capo della brigata, oltre all’assegnazione di due stelle da parte della Guida Michelin, raccoglie numerosi riconoscimenti, collocando il Trigabolo tra i primi ristoranti d’Italia.
Nel 1996 Igles apre La Locanda della Tamerice, immersa nelle valli di Ostellato: nei successivi quattordici anni riceve nuovamente una stella Michelin e consolida la sua posizione di Maestro della Cucina Italiana.
Dal 2010 al 2017 è l’executive chef del ristorante Atman, nato a Pescia e poi spostato nel 2015 a Lamporecchio, presso Villa Rospigliosi: qui il suo lavoro di ricerca e la sua passione per il servizio lo portano a ricevere riconoscimenti importanti, come l’assegnazione di altre due stelle Michelin, arrivando così a cinque. Apre poi nel 2018, a Roma, Mercerie, uno high street food dai prezzi accessibili.
Nel 2010 conia il termine cucina garibaldina per descrivere il suo personale approccio, fatto di ricerca dei migliori prodotti capaci di unire l’intera Italia.
«La mia cucina è sempre in evoluzione e inevitabilmente diviene più complessa e articolata. Oggi il mio approccio a un prodotto, sia esso un finocchio o un gambero, è il medesimo: lo vedo come un’entità complessa, composta di varie parti, a volte ovvie e visibili, altre non immediatamente distinguibili. Utilizzo ogni parte per ottenere preparazioni diverse, che possono culminare in un unico piatto o disperdersi in una moltitudine di preparazioni. Come accade in natura, nulla viene trascurato o buttato; tutto viene trasformato, attraverso processi specializzati e successivi.» racconta Corelli.
Lo chef è anche autore di dodici libri ed è volto di Gambero Rosso Channel, con il suo programma Il gusto di Igles. È coordinatore del Comitato Scientifico di Gambero Rosso Academy.