Bambi, Verdone e il risotto al capriolo
Nella pellicola del regista romano la prelibata carne diventa il motivo di un appuntamento
Per l’argomento di questo numero, Bambi era la scelta più ovvia. Non tutti sanno infatti che il capolavoro d’animazione disneyano del 1942, responsabile dell’iniziazione alla morte di generazioni di ragazzini (e del loro turbamento: la scena in cui il cucciolo perde la madre resta ancora oggi strappalacrime) era tratto da un romanzo del 1923 dello scrittore austriaco Felix Salten dal titolo Bambi, la vita di un capriolo.
Disney decise di modificare la specie di appartenenza dell’animale protagonista in un cervo dalla coda bianca perché, a differenza di quest’ultimo, il capriolo non era presente negli Stati Uniti e questo avrebbe reso il quadrupede meno familiare per il pubblico nordamericano.
E allora, per amor di precisione, ci spostiamo in patria: la quinta pellicola diretta e interpretata da Carlo Verdone, insieme a Enrico Montesano, I due carabinieri (1984) contiene infatti, tra le altre, una divertentissima scena in cui i due protagonisti raccolgono la denuncia di due signorine che lamentano di essere perseguitate telefonicamente da un maniaco (oggi lo chiameremmo stalker) che le tartassa con richieste oscene. Alla fine della deposizione le due, per sdebitarsi, invitano i protagonisti a casa loro per una cena a base di risotto col capriolo e fonduta («Vi piace il risotto col capriolo?» «Ce piace, ce piace…»).
Quando Verdone le richiama per fissare l’appuntamento e si finge scherzosamente il maniaco, le due dimostrano di non disprezzarne del tutto le attenzioni («Lei parla tanto ma agisce poco»); in seguito, dopo la cena, dimostrano di non disprezzare neanche le attenzioni maschili in generale, buttandosi letteralmente tra le braccia dei due gendarmi.
Pur restando una commedia, I due carabinieri si discosta dai film di esordio Bianco, rosso e Verdone e Un sacco bello, molto più leggeri e macchiettistici, ma anche dai due seguenti (Borotalco e Acqua e sapone) sia perché contiene addirittura alcune sequenze drammatiche (quella dell’autobomba dove perde la vita il personaggio interpretato da Massimo Boldi, o quella finale, lunghissima, del sequestro dei bambini sul treno) sia soprattutto per una vena amara e malinconica più marcata. Si intravede un regista più maturo, più attento a delineare i suoi personaggi, più interessato a inserirli in un contesto realistico. È solo l’inizio, ma si nota già la mano di un autore che si esprimerà al suo meglio in futuro con film come Compagni di scuola, Maledetto il giorno che t’ho incontrato o Perdiamoci di vista, per mostrarci vizi e virtù dell’italiano medio.