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Nocciola, mon amour!

Un frutto ricco di simbologia: dalla magia alla fertilità

Conosciutissima in Europa, spazia dalle proprietà terapeutiche note in campo medico alla resa gastronomica, da sempre tanto particolare quanto apprezzata. È il frutto del nocciolo, assieme al quale condivide un alto rango nella simbologia dei popoli del centro-nord Europa: Iduna (la dea della vita e della fertilità presso i Germani del nord) è liberata da Loki e da questi trasformata in nocciola; in Irlanda si narrano ancora fiabe di principesse sterili che diventano feconde dopo aver passeggiato in un bosco di noccioli; in Bassa Sassonia (Germania centrale) si gridava «nocciole, nocciole» ai giovani sposi; nel Governatorato della Piccola Russia – nome storico di alcune terre dell’Ucraina nord-occidentale – durante il pranzo di nozze la suocera bonariamente gettava sul capo del genero nocciole e avena, al fine di augurare fertilità alla coppia. I Romani usavano donare piante di Corylus avellana per augurare felicità. La nocciola (avellana) è anche un simbolo araldico: la croce avellana (costituita da quattro nocciole) che campeggia sopra il globo imperiale, viene intesa come auspicio di fertilità e benessere. Un’antica credenza popolare creava una relazione tra la nocciola e la nascita di bambini: «Annata di noccioli, manata di figlioli», forse perché esso è un frutto molto energetico che andava consumato durante il riposo invernale. Altri, invece, individuano questo rapporto nella conformazione della nocciola avellana, che è come un bambino racchiuso nell’alvo materno e viene così identificata come simbolo di natalità.
Ma non solo fertilità. In quasi tutto il nostro mondo medievale, streghe, stregoni e cercatori d’oro sceglievano il pregiato legno di nocciolo per bacchette magiche e manufatti da rabdomante; i metalli maturati nel ventre della Madre Terra riescono a sollecitare le varie bacchette costruite ad arte grazie a questo legno.
La nocciola è un frutto dalla caratteristica cupola verde, dal guscio duro e dal seme dolce, che può essere consumata fresca, secca o tostata. Della nocciola esiste la qualità lunga e quella tonda, ma al gusto è più gentile la lunga. C’è poi, quella che rosseggia nel guscio ed è fragile da rompere. Non sempre però il frutto corrisponde al suo guscio, come ricorda un detto popolare: «L’è la fôla dla bèla avulâna: dâtre l’è brotta e fôra l’è sana» («è la favola della bella avellana: dentro è brutta e fuori è sana»). Si tratta di un frutto consumato dall’antichità e per i contadini ha rappresentato una fonte di sostentamento importante perché molto energetico, ricco di proteine vegetali e zuccheri, ottimo sostitutivo della carne. Possiamo definirlo una “dispensa” a cui si poteva attingere per tutto l’inverno, grazie anche alla sua facile e lunga conservazione. In cucina, la nocciola va usata con successo nei ripieni e salse per il pollo, unita ai frutti di finocchio. Recenti studi clinici la raccomandano per i diabetici e, se tostata, è più digeribile. Nell’uso esterno, la pasta di nocciola rende la pelle liscia, mentre l’olio è adoperato nelle creme emollienti e nutrienti per pelli secche. Gran parte della produzione viene utilizzata per preparare ottimi gianduiotti oltre a creme spalmabili al cioccolato apprezzate in tutto il mondo. L’invenzione di questo composto si deve ai blocchi delle importazioni del cacao in Europa. Per offrire una risposta alla crescente richiesta di cioccolato, si pensò di sostituire parte del cacao con una crema di nocciola, quest’ultima assai presente soprattutto in Piemonte e di qualità. Si ottenne così un impasto morbido e delicato dovuto all’alta percentuale di olio presente nel frutto.