Dopo una vita trascorsa nella società, il socio intende uscire dalla compagine: ma in quali casi può recedere trattandosi di Srl? L’articolo 2473 c.c. riconosce al socio il diritto di recedere, oltre che nei casi espressamente previsi nell’atto costitutivo, anche quando lo stesso non abbia acconsentito al cambiamento dell’oggetto sociale o del tipo di società, alla sua fusione o scissione, alla revoca dello stato di liquidazione, al trasferimento della sede all’estero, alla eliminazione di una o più cause di recesso previste dall’atto costitutivo e al compimento di operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell’oggetto sociale determinato nell’atto costitutivo o dei diritti particolari attribuiti al socio ai sensi dell’art 2468 c.c.
Oltre alle ipotesi elencate, resta comunque valida la regola generale, per cui il socio può sempre recedere, dando un preavviso di 180 giorni (o più se così disposto dall’atto costitutivo), quando la società sia stabilita a tempo indeterminato.
Diversamente si discute sulla possibilità di recesso quando la società abbia una durata determinata ma eccedente la normale durata della vita umana. La linea assunta dalla Cassazione (sentenza Suprema corte di Cassazione n. 9662/2013) e giurisprudenza di merito, relativamente a una durata della società troppo lontana nel tempo – ad esempio l’anno 2100 – era quella dell’assimilazione a una durata a tempo indeterminato, trattandosi di un’epoca così lontana da oltrepassare qualsiasi orizzonte previsionale, non solo della persona fisica ma anche di un soggetto collettivo. In tal caso trovano spazio le ragioni che hanno portato il legislatore a guardare con sfavore ai vincoli perpetui e a prevedere il recesso per le società contratte a tempo indeterminato.
Questo orientamento è stato rivisto dalla sentenza della Cassazione n. 4715 del 2020 che invece che ha ritenuto che una durata anche molto lontana nel tempo (2100) renda illegittimo il recesso del socio perché prevale l’esigenza di tutela del patrimonio della società.