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Scopri cos’è l’alimentazione selettiva

Quando ci si limita a mangiare solo una gamma ristretta di cibi preferiti associati al rifiuto di mangiarne altri conosciuti o di assaggiarne di nuovi

Il termine alimentazione selettiva si riferisce a un comportamento alimentare che si limita all’assunzione di una gamma ristretta di cibi preferiti associato al rifiuto di mangiarne altri conosciuti o di assaggiarne di nuovi.
Tra i due e cinque anni si sviluppa la neofobia, una risposta evolutiva normale e adattiva volta ad assicurare l’evitamento di cibi potenzialmente pericolosi o tossici (Dowey et al., 2008). Questa fase tende a sfumare progressivamente con lo sviluppo, grazie all’imitazione del comportamento dei pari e degli adulti e allo svilupparsi di una visione più integrata del cibo e degli oggetti in generale. Tuttavia, alcuni bambini manifestano il permanere di atteggiamenti neofobici; ciò sembra correlata con maggiore frequenza a un’ipersensibilità agli stimoli sensoriali, principalmente visivi e olfattivi, e a un pattern alimentare assimilabile a quello dell’alimentazione selettiva (Harris, 2012).
La mancanza di una definizione univoca e universalmente accettata del fenomeno dell’alimentazione selettiva rende difficile valutarne la presenza e la gravità (Taylor et al., 2015). Il modello di riferimento teorico è di tipo transazionale, bio-psico-sociale e multifattoriale (Ammaniti, 2010), per cui sia fattori intrinseci (temperamento, ipersensibilità sensoriale) sia elementi ambientali (pressione a mangiare, stile genitoriale, abitudini alimentari genitoriali, facile rinuncia nell’offrire cibi nuovi) contribuiscono a determinare le attitudini dei bambini verso i cibi familiari e non familiari.
Il momento del pasto è sempre inserito in una cornice relazionale, per cui è importante evitare che l’atto nutritivo divenga uno strumento di potere; l’emozionalità e il significato trasmessi attraverso il nutrimento e l’alimentazione sono fattori imprescindibili per valutare il comportamento del bambino e dotarlo di senso. Diverse ricerche indagano come gli stili educativi genitoriali possano influenzare le condotte alimentari del bambino: uno stile permissivo, tendente soddisfare tutti i suoi desideri per evitare conflitti o uno stile autoritario che includa pratiche coercitive e imposizioni, sembrano entrambi determinare maggiori difficoltà alimentari (neofobia, scarso piacere associato al cibo, basso appetito e selettività).
Le associazioni tra il modo di comportarsi dei genitori e i problemi alimentari del figlio potrebbero dunque rappresentare effetti bidirezionali di pattern comportamentali sviluppatisi nella prima infanzia (Kreipe et al., 2012).

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Psicologa, Psicoterapeuta, Presidente dell'Associazione Scientifico-Culturale Professione Psicologo