Cotte & Ricotte
Diversi sapori, diverse consistenze e stagionature, diverso approccio al palato
Con un sapore più delicato degli altri pecorini, questo formaggio si impone, da un punto di vista gastronomico, nelle zone vocate alla pastorizia, dove assume anche i contorni di cibo rituale per le ricorrenze religiose. Non a caso usare il plurale per definire la ricotta è un modo molto condiviso. Non è propriamente un formaggio (nemmeno per la normativa italiana), ma un derivato dalla lavorazione del siero, un sottoprodotto del latte, soprattutto di pecora.
Diversi sapori, diverse consistenze e stagionature, diverso approccio al palato (dolce o salato, morbido o piccante), presenta peculiarità che variano da luogo a luogo.
Dalla preparazione base partono infinite varianti. Le più conosciute (alcune addirittura DOP) sono:
- ricotta romana, forse la più conosciuta nel Centro Italia, presenta delle varianti che vedono ora l’aggiunta al siero di una piccola quantità di latte intero, ora la realizzazione con siero misto (pecora e vacca) oppure esclusivamente vaccino. In questo ultimo caso non la si considera adatta per la preparazione di dolci. Ha la classica forma di tronco di cono.
- ricotta piemontese (seirass): realizzata alla stessa maniera di quella romana, si differenzia da quest’ultima per la forma a cono appuntito e viene venduta in pezzi di circa 1 kg. Viene gustata freschissima come latticino da tavola, insaporita con olio d’oliva, sale e pepe.
- ricotta del Sud Italia: condivisa soprattutto da Puglia e Basilicata, varia dalle precedenti per la stagionatura che dura circa un mese, durante il quale viene trattata con del sale fino. Alla fine del processo, acquista un colore paglierino e un sapore più intenso. Si utilizza per condire pasta e pizze, oltre che spalmata sul pane con l’aggiunta di olio di oliva.
- ricotta tosta (o cacio-ricotta), sempre di pertinenza del Mezzogiorno, viene lasciata stagionare più a lungo e si usa grattugiata sulla pastasciutta.
- ricotta marzotica, così definita perché deriva dal latte delle pecore che pascolano libere nel mese di marzo, è una ricotta conservata tra le foglie di piante o erbe aromatiche. Salata, si gusta sola o come companatico.
- ricotta infornata, realizzata in Sicilia con siero di pecora (ma vi può essere aggiunto anche latte di capra o vacca). Viene lasciata asciugare al sole oppure in forno a legna (con il tipico aroma che ne consegue). È ingrediente specifico nella classica pastasciutta siciliana con le melanzane o alla Norma.
- ricotta iblea, sempre in Sicilia, intorno a Modica, questa ricotta prende il nome dalla famiglia bovina selvaggia autoctona. Il prodotto può avere un latte misto derivante da varie razze purché al siero si aggiunga il 10% di latte intero e crudo, che dona dei sentori tipici della vegetazione e dei fieni locali.
Nelle usanze della dorsale appenninica (soprattutto umbro-marchigiana) sono ancora sentite le tradizioni gastronomiche che si rifanno ad antiche ritualità religiose. Ad esempio a Cascia, nel giorno della ricorrenza di Sant’Antonio Abate (17 gennaio) si distribuiscono ai fedeli porzioni di ricotta condita con liquore, così come nelle frazioni circostanti i pastori, in occasione dell’Ascensione, offrono ai loro paesani la cagliata o la giuncata, spolverate con zucchero e cannella triturata.
Ultima notizia curiosa: fino a qualche anno fa, nella medicina popolare, come rimedio alle fratture o alle slogature, erano contemplati impacchi oppure bagni con la scotta, cioè il liquido ancora tiepido rimanente nella caldara dopo aver prelevato tutti i fiocchi di ricotta.