Speck è una parola di origine germanica, ma di etimologia incerta. L’unica cosa sicura è che in lingua tedesca significa tessuto grasso e solido sottocutaneo (specialmente nei suini), cioè lardo.
Con questa stessa accezione è ancora usato nei territori intorno al Monte Rosa, tra Piemonte e Valle d’Aosta, dove si stabilirono nel Medioevo gruppi di lingua tedesca (walser).
Dalla parte opposta dell’arco alpino, in Tirolo, speck significa oggi una cosa diversa, cioè la coscia di suino disossata, condita con sale e aromi e poi affumicata e stagionata; insomma lo speck come lo conosciamo in Italia. In realtà, nel territorio confinante col Tirolo, la valle del Gail (Gailtal) si definisce speck anche un taglio di carne suina diverso dalla coscia, e cioè l’intero fianco, comprendente il lombo e la pancetta, rigorosamente completo di cotenna e anch’esso confezionato come lo speck tirolese.
Quale che sia la parte del maiale utilizzata, insomma, quello che caratterizza lo speck sembra il condimento con aromi (tra cui il ginepro), la salatura e affumicatura, vale a dire ambedue gli antichissimi sistemi di conserva, che normalmente sono alternativi.
Questa circostanza ci ricorda un altro prodotto molto noto tra le conserve di carne porcina e cioè il bacon, anch’esso in certe varianti sottoposto ad affumicatura, oltreché a salatura. Ma quello che più stupisce è che anche per il bacon vale la stessa variabilità di significati, nel senso che può essere di pancia (pancetta affumicata è l’accezione più comune in italiano), ma anche di coscia, di gola, di fianco (incluso il lombo) o anche valere per lardo. Per bacon si accetta la derivazione dall’inglese back (dietro) poiché in origine la parola indicava la parte posteriore del porco.
Ma per speck c’è incertezza, anche se nel vocabolario etimologico della lingua tedesca si ammette una possibile parentela con la radice antico-indiana sphi (posteriore, natica). Se questa derivazione fosse vera, avremmo la quadratura del cerchio: sia bacon che speck avrebbero in origine denotato il posteriore del porco e poi il loro significato si sarebbe adattato alla parte più di largo uso tra i parlanti-consumatori. Avrebbe, in fondo, mantenuto un significato più aderente all’originale in Tirolo, dove ancora per lo speck si usa il dietro del maiale.
Del resto, questa migrazione di significati si registrava anche in latino con il termine succidia (da sus=maiale e caedo=faccio a pezzi) che indicava una parte, mezzena o quarto, di porco salato ma anche, in senso più ristretto, il lardo o il prosciutto, o la spalla, o la schiena…
Come non pensare, allora, allo spaccare il maiale che genera, in certe parlate dell’Italia mediana, due pacche (cioè due metà) e che si fa derivare dal longobardo?
Forse un filo o magari una fila (come di salsicce) unisce back-bacon, spek-spaccare-pacca; speculazioni linguistico-porcine di sapore dilettantesco, certo che di dilettarci abbiamo, oggi più che mai, bisogno.