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Erbe campagnole e alimurgia

Oltre il biologico e il chilometro zero

La prima comparsa ufficiale della parola alimurgia fu nel 1767, quando venne pubblicato un libro con le notizie riguardanti ciò che veniva usato dalla popolazione per sfamarsi durante le carestie (era appena passata quella del 1764), le pestilenze, le guerre, le calamità naturali; eventi che impedivano la consueta coltivazione dei campi con relativo raccolto. Chi scrisse il De Alimentia Urgentia con sottotitolo Alimurgia, ovvero modo di rendere meno gravi le carestie, proposto per il sollievo dei popoli fu Giovanni Targiotti-Tozzetti, medico fiorentino allievo del botanico Pier Antonio Micheli e custode del Giardino dei Semplici di Firenze.
Oggi non abbiamo più bisogno di sfamarci con le erbe spontanee; è vero però che esse rappresentano un cibo funzionale per la sostenibilità alimentare. Si parla sempre più spesso di superfood, i quali non sono altro che un concentrato di nutrienti e, tra di essi, le erbe spontanee rappresentano l’alimento per eccellenza. Sebbene possano sembrare una moda, in realtà il loro uso risale all’antichità, dove erano considerate dei veri e propri cibi-medicina. Gli scienziati ne stanno confermando le proprietà, e l’efficacia delle loro sostanze naturali – come principi attivi, sali minerali e vitamine – è tale che oggi vengono estratte e sono studiate per diventare la base dei farmaci del futuro.
Evidenze scientifiche confermano che la frutta e verdura provenienti da agricoltura intensiva ha perso moltissimi dei suoi nutrienti per l’impoverimento dei terreni causato dall’uso di diserbanti e fertilizzanti chimici, per le ibridazioni, per i tempi lunghi di conservazione e di trasporto e anche per l’inquinamento atmosferico. Per non parlare dell’assorbimento dei metalli pesanti. La frutta ha perso il suo sapore, le verdure marciscono subito e non sono più gustose come una volta. Fare dei frullati e aggiungere tanto condimento aiuta a renderle più gradevoli, ma dovremmo mangiarne almeno 6 volte tanto per ottenere le stesse vitamine e minerali che assumevano i nostri genitori e i nostri nonni.
Ricordiamo una delle frasi più famose di Ippocrate: «Fa’ che il cibo sia la tua medicina e che la medicina sia il tuo cibo»; oggi questo è possibile grazie alle erbe spontanee.
Con l’andare per erbe si va oltre il biologico e il km zero: si esalta la biodiversità naturale spontanea e si rispetta l’ambiente. Si riscoprono luoghi, tradizioni e sapori antichi. Il cibo è più nutriente e salutare, più ricco di sali minerali e vitamine rispetto a quello coltivato.
Potremmo abbinare a un’erba spontanea un prodotto che moltissimi amanti della cucina gourmet ritengono una delizia del palato: lo speck. L’erba spontanea scelta per il piatto è il piattello (Hypochoeris radicata), reperibile nei prati e incolti umbri, dall’autunno fino a fine primavera. Ha importanti proprietà antiossidanti, chelanti (capaci di far smaltire all’organismo i metalli pesanti), depurative, antibatteriche, colagoghe (aiuta l’espulsione della bile), emollienti, digestive, amaricanti, toniche. In medicina popolare questa pianta era utilizzata in particolare come antidiabetico.


PIATTELLO CON SPECK

Ingredienti:

  • 150 g di piattello (6-7 manciate)
  • 6 fette sottili di speck
  • 1 scalogno
  • olio extravergine d’oliva
  • sale
  • peperoncino.

Preparazione

Lavare il piattello e tritarlo. In una padella antiaderente, fare un soffritto con olio, scalogno e speck tagliato a listarelle. Quando lo scalogno è imbiondito, unire il piattello e lasciarlo cuocere a fuoco basso, purché mantenga sempre il suo colore verde. Salare con sale integrale; mettere a piacere il peperoncino. Se necessario aggiungere un po’ di acqua di tanto in tanto per evitare che il piattello si asciughi troppo.
Si può consumare come primo, saltandolo con pasta integrale, come contorno o come condimento per crostini.

Presidente Accademia Piante Spontanee