Molto si è scritto sulla storia del vino di Franciacorta, reso spumante con il metodo classico, termine neutro che ha sostituito la dicitura méthode champenoise, esclusiva oggi della sua regione d’invenzione, la Champagne. Qui il metodo tradizionale con il quale si fa il vino spumante è diventato così noto, famoso ed esemplare da essere definito, appunto, classico.
Ed è forse alla potenza evocativa di questo aggettivo – che rimanda irresistibilmente all’antichità – che si deve il tentativo di dimostrare che i francesi non avrebbero inventato nulla di nuovo, poiché vini spumanti sono attestati, da tempi assai remoti, in Grecia, a Roma, in Etruria, se non già ricordati nella Bibbia. Le fonti più disparate vengono spremute e si invocano autori antichi, reperti archeologici, trattati medievali e rinascimentali. I Romani, ad esempio, chiamavano bullulae (bollicine) i vini resi spumeggianti interrompendo col freddo la prima fermentazione, riavviata esponendoli poi a più alte temperature; pratica nota anche nelle terre delle Curtes Francae prima dell’invenzione dello Champagne. Ma altra cosa è scegliere vino da uve Pinot selezionate e trattate ad arte e metterlo in bottiglie di robusto vetro opaco, dove si trasformerà in spumante dosando acidi e zuccheri, lieviti, tempo e temperature secondo un procedimento sapientemente normato. Questa non si può negare che sia un’invenzione della Champagne francese del XVII secolo, dove è stata perfezionata con altri accorgimenti: liquer de tirage e d’expedition, remuage, égorgement, tanto per citarne alcuni. La paternità ne è stata del resto a lungo riconosciuta, tanto che era possibile e corretto definire méthode champenoise la spumantizzazione in bottiglia anche di un vino non francese. Per questo, la via di rivendicare origini antiche e nobili alla spumantizzazione per vantare una precedenza italica nell’invenzione di questo metodo – che è invece storicamente champenois – ci sembra poco sensata, come lo sarebbe rivendicare a New York l’invenzione della pizza dopo avere dimostrato, fonti storiche alla mano, che anche a Manhattan si faceva flat bread come nella Napoli di Pulcinella. Piaccia o no, la Champagne è stata la patria di quel particolare modo di fare vino spumante, come Napoli lo è e stata di quel particolare modo di fare il pane piatto condito col pomodoro.
Gli storici, del resto, ripetono da tempo che l’origine di una cosa non ne spiega l’identità, che è il risultato attuale di mille fatti e circostanze, errori, casualità, imprestiti e ibridazioni che mettono in discussione il concetto stesso di autoctono o originario: come per gli esseri viventi.
Purtuttavia la guerra commerciale delle identità dei vini e dei relativi territori sta stimolando una via italiana alla spumantizzazione col metodo classico, applicandolo a vini da vitigni autoctoni (non più o non solo Pinot); ed ecco fiorire nuove eccellenze e nuove tradizioni.
Ma la lunga storia del Franciacorta necessariamente si intreccia con quella dello Champagne e ambedue, a loro volta, con quella dei vini spumanti antichi, portandoci in epoche e luoghi lontani dalla Champagne del Seicento come dalle Curtes Francae medievali. E non c’è dubbio che l’eccellenza universalmente riconosciuta di questi due grandissimi vini stia proprio nella loro identità di oggi, profondamente diversa, frutto fecondo di storie solo a tratti parallele.