«Cipolla, luminosa ampolla, petalo su petalo s’è formata la tua bellezza, squame di cristallo t’hanno accresciuta e nel segreto della terra buia, s’è arrotondato il tuo ventre di rugiada». Così scriveva Pablo Neruda in una sua poesia per celebrare l’Allium cepa, apprezzato sin dall’antichità e introdotto nel nostro continente circa 3.000 anni fa da popolazioni nomadi. Apicio nel De Re Coquinaria accenna spesso alle cipolle. Platone ci testimonia che, nel IV secolo a.C., nell’alimentazione della gente comune prevalevano assieme a formaggi, latte, verdure, fichi, ceci e fave abbrustolite. I Romani utilizzavano la cipolla insieme all’aceto e latte per comporre una sorta di yogurt. Nel De rustica, Columella la cita in alcune ricette di insalate della cucina romana. Gli Egizi la fecero assurgere a oggetto di culto, ipotizzando un parallelismo tra la sua forma sferica e gli anelli concentrici della vita eterna: erano convinti, infatti, che il suo forte aroma potesse ridare vita ai morti. Resti di bulbi sono emersi in alcune sepolture. La cipolla era amata anche nell’antica Grecia. Testimonianze ci raccontano degli atleti che erano soliti mangiare cipolle per irrobustirsi, così come i gladiatori romani che si massaggiavano il corpo con le cipolle per tonificare i muscoli. Quasi tutti i popoli dell’antichità ne facevano uso, compresi gli Israeliti. Nel libro dell’Esodo gli Ebrei, costretti a nutrirsi con la manna, rimpiangevano le «dolci cipolle» che avevano conosciuto durante la schiavitù in Egitto. Nel Medioevo, oltre a essere impiegate come cibo, costituivano merce di scambio e pagamento. Secondo la medicina popolare dell’antichità la cipolla veniva indicata per alleviare il mal di testa, come per ridurre la caduta dei capelli – «Se vuoi veder rifiorire l’ornamento della testa, frizionati spesso le zone prive di capelli con cipolle tritate» da Regimen Sanitatis Salernitanum IX-X sec.) – nonché come antidoto nel caso di morsi di serpente. Era ritenute valida anche contro l’infertilità. Oggi se ne decantano i benefici diuretici e antinfiammatori. Il caratteristico odore della cipolla quando viene tagliata è attribuito a un’abbondanza di amminoacidi solfossidi, che, per farla breve, attraverso la combinazione di sostanze diverse, provocano una immediata reazione di difesa da parte dell’occhio, che inizia a lacrimare. Ma come sosteneva Antonio Fogazzaro, «Le cipolle sono l’unica cosa che giustifichi le lacrime».
Celebrata in letteratura – ricordiamo il romanzo che parla della storia di Trieste, La villa delle cipolle di Monica Ravalico – nel cinema – come dimenticare il film Il campo di cipolle del 1979 diretto da H. Becker e tratto dall’omonimo libro di J. Wambaugh, o Cipolla Colt del 1975 diretta da E. G. Castellari – la cipolla è molto presente anche nella favolistica moderna: citiamo la favola di Gianni Rodari, dove «Cipollino era figlio di Cipollone e aveva sette fratelli: Cipolletto, Cipollotto, Cipolluccio e così di seguito, tutti nomi adatti ad una famiglia di cipolle. Gente per bene, bisogna dirlo subito, però piuttosto sfortunata. Cosa volete, quando si nasce cipolle, le lacrime sono di casa», fino ad arrivare alle Favole esopiane del Conte Abate Gianbattista Roberti, dove troviamo la composizione La cipolla e il fiore: «Di ben dipinto fiore, del giardin gioia e amore, umile e in se raccolta, tra cieche pieghe avvolta, i suoi nodi raggruppa, le fibre sue inviluppa, e indosso a mal contesta, sottil logora vesta». Nemmeno il mondo dell’arte è indifferente a questo bulbo, molti pittori hanno immortalato la cipolla nelle loro tele, tra questi Arcimboldo, Cézanne, Renoir.
Ci piace concludere con i versi di Wisława Szymborska: «Completamente cipolla/fino alla cipollità./Cipolluta di fuori,/cipollosa fino al cuore,/potrebbe guardarsi dentro/senza provare timore.»