«Dimmi, o Giove, come posso placare i fulmini con cui tormenti Roma?» chiede il re Numa.
«Taglia una testa (caput, in latino, ndr).» sentenzia Giove.
«Taglierò una cipolla (cepa) cavata dei miei orti.» interpreta allora Numa, celebre per essere un uomo mite.
«Una testa d’uomo.» precisa il dio nel tentativo di mettere il re in difficoltà.
Numa non si lascia imbrogliare e replica: «Taglierò allora la cima di un capello (capillus).»
Questo è l’immaginario dialogo che i Romani misero in bocca al loro secondo re, Numa, così saggio e pio da riuscire a far sorridere e placare Giove in persona, utilizzando un gioco di parole con caput-cepa-capillus (testa-cipolla-capelli) per evitare sacrifici umani. La storiella ci segnala non solo che i Romani conoscevano la cipolla, come del resto praticamente tutti i popoli antichi fin da epoche assai remote, ma che immaginavano che il nome che avevano dato al bulbo – cepa (pronunciato kepa) – si spiegasse per la similitudine con la testa, o meglio con il capo (caput), mentre il capillus era il pelo della testa (capitis pilus).Non tutti i linguisti oggi concordano sulla reale connessione tra caput e cepa, il cui diminutivo cepula è invece certamente all’origine della nostra cipolla; ma ci sembra interessante notare che la metafora della testa/capo che oggi assegniamo all’aglio (una testa/capo d’aglio), i nostri antenati l’avevano invece riservata proprio alla cipolla, di cui peraltro conoscevano diverse varietà, come quella ritenuta della città di Ascalona (oggi in Israele) che chiamavano cepa ascalonica, origine del nome scalogno. Columella (scrittore di agricoltura del I secolo) indica le varietà di cipolla più adatte a essere essiccate e poi conservate sotto aceto e salamoia. Prescrive di usare le cipolle di Pompei, quelle di Ascalona e quelle marsicane semplici, volgarmente chiamate uniones, cioè formate da bulbi unici.
Il passo ci offre utili indicazioni sulla biodiversità cipollina che si era già affermata nel I secolo e una preziosa testimonianza sulle cipolle della Marsica, cioè dell’entroterra abruzzese intorno alla conca del Fucino, di cui si distinguevano due varietà: quella semplice presa in esame, evidentemente distinta da una complessa o aggregata, ossia formata da un raggruppamento di più bulbi, di cui è un esempio proprio lo scalogno, che i botanici moderni chiamano Allium Cepa Aggregatum, proprio per questa caratteristica.
Ma il passo di Columella ci spiega anche l’origine del nome che la cipolla ha in inglese e in francese, cioè oignon-onion, derivante proprio dal latino unio-unionis, il nome comune antico della cipolla semplice. I botanici moderni definirono questa cipolla con l’aggettivo di capitata (Cepa Capitata), cioè provvista di un unico capo, attingendo di nuovo alla stessa metafora anatomica attribuita al re Numa e chiudendo il nostro cerchio, o meglio, trattandosi di cipolle, il nostro anello.