Auguri di lunga vita con le noci
Un frutto cerebrale, per la forma che ricorda vagamente il cervello, tanto che nel Cinquecento il medico Paracelso, nell’opera Signatura Rerum, le prescriveva per curare ferite al capo, mal di testa, malattie mentali e attacchi di epilessia.
La chiamiamo frutta secca, ma in realtà le noci sono il seme della pianta, quindi depositarie di sostanze nutritive importanti. Ricche di proteine, di carboidrati e di grassi per lo più insaturi, quelli buoni come gli omega 3, indispensabili per il nostro organismo. Sono anche indicate nella prevenzione e cura dei disturbi cardiovascolari. Contribuiscono poi, insieme a frutta, verdura, cereali integrali e legumi al fabbisogno quotidiano di fibra.
Un frutto cerebrale, per la forma che ricorda vagamente il cervello, tanto che nel Cinquecento il medico Paracelso, nell’opera Signatura Rerum, (dove abbinava le piante agli organi umani in base alla loro forma, reputandole indicate a curare i disturbi dell’organo simile), le prescriveva per curare ferite al capo, mal di testa, malattie mentali e attacchi di epilessia. Non mancavano le teorie contrarie, secondo le quali le noci avevano effetti negativi, come nella Naturalis Historia dove Plinio il Vecchio asseriva che sedersi sotto a un noce provocava una pesantezza di testa, perché le foglie dell’albero rilasciavano un veleno.
Le noci nel passato sono state anche un gioco salutare, un popolare scacciapensieri nella corte imperiale cinese. Si credeva, infatti, che ruotare due noci sul palmo della mano oltre che rilassare, stimolasse la circolazione del sangue. Recentemente questo passatempo vecchio di quasi 2000 anni è tornato di moda: le noci sono diventate uno status-symbol per i cinesi più benestanti, che collezionano le più belle.
E, cosa straordinaria, un recente studio pubblicato sul Journal of Nutrition, Health and Aging, ha scoperto che chi mangia noci ottiene risultati migliori in una serie di test cognitivi che misurano sia i tempi di reazione, sia la memoria.
La noce Juglans Regia, la più diffusa, era coltivata sia dai Greci sia dai Romani: era tra quegli alimenti frettolosamente lasciati sulla tavola del tempio di Iside a Pompei, in quel fatale agosto del 79 in cui il Vesuvio eruttò. E se già Carlo Magno ordinava che nel suo frutteto fossero piantati dei noci, in Francia le decime alle chiese potevano essere pagate in noci, e diverse città nominarono persone incaricate di misurarne il quantitativo raccolto. In America la maggior parte delle noci fu importata dalla Spagna e poi coltivata dai monaci in California. Nell’America settentrionale, comunque, la varietà più diffusa è la Juglans Nigra, la noce nera, non adatta a tutti i palati per il sapore forte, terroso, pungente, oleoso. Diversa invece, croccante e ricca di un olio dolce e delicato, è la noce macadamia australiana, regina del piatto nazionale: zuppa di zucca, macadamia e mele. Una curiosità: il noce non si trova molto bene in compagnia, ancor meno la varietà nera. Attraverso il mallo e le foglie la pianta produce lo juglone, sostanza tossica, che non permette crescano nei suoi pressi altre specie di piante, malgrado l’etimo venga da Jovis – Giove – e Glans – ghianda, ghianda di Giove – perché gli antichi ritenevano la noce un alimento divino. Come mangiare le famose 3 noci al giorno? Da sole, ovviamente, ma anche con insalate, pastasciutte, macedonie o nella prima colazione insieme a cereali integrali o yogurt. Insomma, tre noci al giorno levano il medico di torno (ma non era una mela al giorno?)