Bevibilità e frangranza
Sottovalutato, se non addirittura snobbato; figlio di una genesi imperfetta o frutto di qualche orribile miscela: è un peccato che i rosati si portino dietro una zavorra così pesante, responsabile della mancata conquista del palato
Sottovalutato, se non addirittura snobbato; figlio di una genesi imperfetta o frutto di qualche orribile miscela: è un peccato che i rosati si portino dietro una zavorra così pesante, responsabile della mancata conquista del palato dei wine lovers. Un preconcetto già insito nel nome, in quanto sarebbe più corretto definirlo vino rosa, dandogli piena dignità così come si fa per il bianco o per il rosso.
Questo atteggiamento nasce dalla scarsa conoscenza: in troppi credono che sia un assemblaggio di vino bianco e vino rosso, quasi una pratica per eliminare le eccedenze di cantina. Niente di più falso, tanto che è severamente vietato ricorrere a questi artifizi per realizzare i rosati. Esiste solo un caso in cui la miscelazione è consentita ed è quello della produzione degli spumanti o degli champagne.
Solitamente un rosato viene prodotto a partire da uve rosse con una vinificazione che prevede un breve o brevissimo contatto del mosto con le bucce, così che queste cedano al vino solo una piccola parte di sostanze coloranti, che poi andranno a caratterizzare il colore del nostro vino.
Ecco allora una prima indicazione per l’abbinamento con il cibo. Solitamente i vini con il colore molto delicato offrono, in vista di una componente estrattiva modesta, la possibilità di essere abbinati a piatti leggeri e delicati. Un Rosato del Garda a base di Groppello o uno Altoatesino a base di Schiava, in virtù della loro struttura leggera e della rinfrescante acidità, saranno perfetti con salumi non grassi o con primi a base di pasta, anche ripiena con verdure.
Se si prolunga il tempo della macerazione, ovvero il contatto delle bucce con il mosto, questo acquisirà sempre più colore, struttura e forza gustativa; pertanto i vini cromaticamente più intensi come un Cerasuolo d’Abruzzo o un Rosato pugliese a base di Negramaro possono perfettamente essere accostati a piatti a base di carni bianche, anche con salse o a una zuppa di pesce della tradizione abruzzese.
Se si parte da vitigni molto ricchi di componenti polifenoliche, la struttura gustativa risulta ancora più ampia: un Rosato etneo a base di Nerello Mascalese o un Cirò, sempre in versione rosato, della Calabria permettono accostamenti con preparazioni ancora più ricche, come una tagliata di tonno o un formaggio poco stagionato.
Questa impostazione è sicuramente valida a condizione che il vino venga pensato già nel vigneto: pertanto è necessario che si portino in cantina delle uve con una maturazione non molto avanzata, normalmente raccolte prima di quelle per i rossi, così da avere nel vino una concentrazione alcolica medio-bassa e un’evidente acidità rinfrescante. Il contesto si complica e forse anche per questo motivo il rosato soffre di una mancanza di personalità rispetto agli altri prodotti.
Nel caso del vino prodotto con la tecnica del salasso – quando si raccolgono le uve per produrre un rosso di grande struttura con quote alcoliche importanti e basse acidità e, per dare ancor più corpo al vino, si ricorre a una parziale sottrazione di mosto appena la pigiatura, in modo che il rimanente possa effettuare la macerazione con una quantità superiore di bucce e acquisire una struttura superiore – il mosto rubato, grazie al tempo limitato di contatto con le bucce, ha pochissimo colore, ma, di contro, ha una concentrazione alcolica decisamente alta – anche di 14-14,5 °C – e un’acidità bassa, andando così a snaturare quella doti di bevibilità e di fragranza che rappresentano la peculiarità del vino rosato.
Per quanto riguarda gli spumanti, l’indizio è sempre la quantità colorante: il vino si presenta con il colore del vino bianco appena macchiato oppure la tinta è più decisa ed evidente? Molto probabilmente il primo è frutto di un assemblaggio di vini bianchi con una piccola parte di vino rosso, mentre nel secondo il colore arriva direttamente dal contatto del mosto con le bucce. Provate quest’ultimo con un’ottima pasta all’amatriciana, oppure con vitello tonnato e rimarrete certamente colpiti dalla poliedricità dal vino rosa.