Ricchezza porta ricchezza
Più il piatto si presenta delicato e costituito da una struttura semplice, più il vino, per similitudine, dovrà avere caratteristiche delicate.
L‘abbinamento dell’anatra col vino passa attraverso la consapevolezza del tipo di allevamento subito dall’animale: quelli domestici, in virtù di un periodo di accrescimento più breve, danno carni più semplici e delicate; quelli che invece sono cresciuti allo stato brado, hanno carni non solo più scure, ma anche più consistenti e ricche di sapore.
In linea generale, più il piatto si presenta delicato e costituito da una struttura semplice, più il vino, per similitudine, dovrà avere caratteristiche delicate. La ricchezza deriva non solo dalle caratteristiche intrinseche della carne, ma anche dall’aggiunta di altri ingredienti, dei condimenti e dal protrarsi della cottura. In questi casi il vino sarà decisamente ricco e strutturato.
Per gli animali giovani si preferiscono cotture a secco e di breve durata: una classica preparazione come il petto d’anatra ai mirtilli, o al balsamico tradizionale, offre caratteristiche di succulenza e di ottima aromaticità, complessivamente di media struttura; un Pinot Nero dell’Alto-Adige o un Cilegiolo di Narni sapranno accordarsi senza problemi. Con un’anatra all’arancia, che presenta la nota aromatica degli agrumi e una discreta ricchezza dovuta all’elaborata preparazione, il vino dovrà affermarsi in persistenza e con morbidezza: un Merlot della costa toscana o un Valpolicella classico garantiscono il giusto bilanciamento. Con un’anatra laccata alla pechinese, tendenza dolce, persistenza e succulenza la fanno da padrone e, in abbinamento, potremmo orientarci su un ottimo Nebbiolo delle Langhe o un Rosso dell’Etna a base di Nerello mascalese. Con un classico regionale umbro, la maca cotta al forno, spesso con le patate, l’abbinamento ideale lo si trova con un rosso di Montefalco Riserva.
Con il fegato dell’anatra invece si prepara il celebre paté de foie gras, meno pregiato di quello ottenuto dalle oche, ma sempre ricchissimo in grassezza, persistenza, sapidità e non trascurabili sfumature amarognole, il classico accostamento è con una vendemmia tardiva, meglio se ottenuta da uve botritizzate: niente di meglio di un Orvieto Muffa Nobile.
Con il confit de canard, ovvero l’anatra cotta e conservata e nel suo stesso grasso, il vino dovrà presentare ricca struttura e ottima capacità di rimuove la grassezza che rimane nel palato. Uno Spumante metodo classico rosé, sostenuto da acidità ed effervescenza, o un rosso molto giovane dove tannino e freschezza gustativa prevalgono, avranno la capacità di rimuovere la spiccata grassezza. Un’alternativa al vino? Provate ad abbinare all’anatra in porchetta un’ottima birra Lambic e non rimarrete delusi.