Una dea incoronata di fragole
La fragola, date le contenute dimensioni, risulta essere una pianta esteticamente gradevole, ed è per questo facile capire perché più d’un pittore abbia introdotto o i frutti o l’intera pianta nei propri dipinti, così come
La fragola, anche se non molto appariscente, date le contenute dimensioni, è una pianta esteticamente gradevole: belle le foglie, belli i fiori e belli anche i frutti, oltre che gustosi, carnosi e d’una tinta tipica, indicata come rosso fragola, espressione oramai presente nel linguaggio corrente. Se all’aspetto esteriore si aggiungono le valenze simboliche, è facile capire, perché più d’un pittore abbia introdotto o i frutti o l’intera pianta nei propri dipinti. Così è presente nella cosiddetta Allegoria della Primavera, il quadro più celebre di Sandro Botticelli, divenuto da tempo simbolo della stessa Galleria degli Uffizi. Nel gran dipinto gli studi congiunti di storici dell’arte ed esperti di botanica storica sono riusciti a individuare circa quaranta specie vegetali e a stabilire che la loro presenza non è puramente decorativa, ma ciascuna specie veicola un messaggio, contribuendo a fare della Primavera uno dei quadri più densi di significato della storia della pittura italiana. La fragola, fruttificando in maggio, è quindi associata alla primavera avanzata, ma negli erbari antichi è anche simbolo di seduzione e di piacere sensuale, anche per la forma dei frutti simile al cuore; aspetti graditi, anzi richiesti, in un dipinto, che stando agli studi più avanzati, doveva essere un dono di nozze di Lorenzo il Magnifico al cugino Lorenzo il Minore – anche lui De’ Medici, ma del ramo di Cafaggiolo. Sulla scelta di Botticelli e, prima ancora del suo illustre committente, dovette esercitare un peso rilevante il fatto che il colto signore di Firenze fosse già ricorso al rosso delle fragole per sottolineare la bellezza di una donna per lui particolarmente interessante, a cui dedicò questi versi: «E nel fiorito/prato fragole colte, belle e rosse/pallide ov’è il tuo viso colorito». L’autore afferma che davanti al bel colorito della donna sembrano pallide addirittura le fragole!
Negli stessi anni anche il poeta di corte dei Medici, Agnolo Poliziano, era ricorso, oltre che ai rubini, ai frutti carnosi e succulenti per evocare il rosso delle labbra di una dama bruna indubbiamente di suo gusto e aveva scritto: «Della brunetta mia […]/ Porgono quei due labbretti/Che paion rubinetti/E fraganelle». Il termine popolare nella Toscana del tempo indicava il frutto in questione.
Alla luce di queste considerazioni non meraviglia che Botticelli abbia introdotto piante di fragole nel dipinto ricordato, a formare come un diadema, proprio sulla testa di Flora, la forza vitale del Regno Vegetale.
Allegoria della Primavera, Sandro Botticelli, Galleria degli Uffizi, Firenze